IL TRASPORTO E LA CONSERVAZIONE DEL CIBO

A partire dal VII secolo, il commercio su larga scala nell’area del Mar Mediterraneo conosce una fase di inarrestabile declino e determina, tra le molte conseguenze, anche un drastico calo della produzione di anfore ove per secoli si era riposto e conservato il cibo.
A determinare la fine dei traffici per via marittima fu l’espansione e araba lungo le rotte occidentali a seguito della predicazione della religione islamica.
Anche se fortemente ridimensionata nei volumi, la produzione di anfore rimane legata al commercio, al trasporto e alla conservazione dei beni alimentari.
A questo proposito, bisogna ricordare che sono stati rinvenuti dei documenti che attestano i privilegi accordati ad alcuni monasteri di produrre e distribuire vino nelle aree contigue. Ne è una fonte indiretta il Polittico di Santa Giulia, all’interno del monastero di Salt in Friuli Venezia – Giulia.
Tuttavia, accanto alle anfore, esisteva un altro tipo di manufatto impiegato per il trasporto e la conservazione delle merci: i dolia, contenitori di terracotta di grandi dimensioni al cui interno venivano stoccati soprattutto cereali.
Inoltre, reperti iconografici e fonti letterarie attestano anche l’utilizzo di botti in legno e di otri in pelle, oltre alle casse di legno, di pietra e alle ceste di giunchi e di vimini intrecciati, manufatti già in uso sin dall’epoca romana.
Le eccedenze alimentari venivano generalmente conservate all’interno di capanne, ciascuna adibita ad un tipo specifico di cibo e con caratteristiche altrettanto specifiche.
Ad esempio, vi erano capanne interrate per garantire lo stoccaggio dei prodotti caseari, altre erano a livello del terreno adibite a magazzini, come quelle riportate alla luce a Monte Barro (Lc), Flero (Bs) e Poggibonsi (Si); infine, vi erano anche i silos, ossia fosse scavate nella terra, rese impermeabili e chiuse in modo ermetico per impedire la corruzione dei generi alimentati stoccati all’interno.
Non potendo contare sempre sulla presenza di ghiaccio e neve, nell’alto medioevo si ricorreva a metodi di conservazione rudimentali ma efficaci.
In primo luogo, si procedeva alla salagione di carni e di pesci o all’affumicatura.
Oltre al sale, erano indispensabile il miele, l’aceto e le spezie, che conferivano ai piatti il tipico sapore agrodolce e ne mascheravano lo stato di conservazione non sempre ottimale.
Ad accompagnare le porzioni di cibo c’erano le immancabili salse di accompagnamento come il garum o l’ossimele, per citare le più famose.
Esisteva anche un ingegnoso metodo per la conservazione delle uova, che venivano immerse nell’acqua di calce e tenute sommerse in recipienti ben chiusi e al riparo dalla luce.

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