L’ITALIA DEI LONGOBARDI (568 – 774)

Pochi anni dopo essere stata riconquistata dai Bizantini, ad opera dell’imperatore Giustiniano, nel 568 l’Italia fu invasa e sottomessa dai Longobardi alla guida di Alboino.
Costoro giunsero da est, dalla regione della Pannonia e varcarono le Alpi Orientali presso le valli Giudicarie trentine, costringendo i Bizantini ad arretrare. Dopo aver occupato l’area dell’odierno Friuli Venezia-Giulia, i Longobardi estesero progressivamente il proprio dominio su gran parte della Penisola, dando vita a un regno indipendente in grado di contrapporsi al dominio bizantino.
Questa situazione fu di fatto ratificata nel 603, quando l’Italia venne politicamente divisa tra la Romània (da cui prende il nome la regione dell’attuale Romagna) e la Langobardia (da cui, a sua volta, deriva il nome Lombardia).
I Bizantini, che avevano scelto come capitale la città di Ravenna, controllavano la costa adriatica da Grado fino ad Ancona e il corridoio che andava trasversalmente dalla riviera del Conero fino a Roma, passando per Perugia e il corso del fiume Tevere, noto anche come “corrdoio bizantino”. All’imperatore d’Oriente spettava anche il governo della Liguria, poi abbandonata nel 643, delle isole, della costa campana fino a Salerno, della Calabria, della Sicilia e della Sardegna.
Viceversa, ai Longobardi andò tutto il nord della Penisola e la Toscana, che insieme costituivano la Langobardia Major, mentre a sud si formarono invece i ducati indipendenti di Spoleto e di Benevento, ossi la Langobardia Minor.
Già dal 572 la capitale del regno longobardo divenne la città di Pavia, ma ancora per un decennio, dal 574 al 584, il territorio rimase effettivamente suddiviso fra numerosi ducati, governati in modo ampiamente autonomo (Periodo dei Duchi).
Con il rafforzamento della monarchia, grazie ai successori di Alboino che la storia ci ha tramandato, Autari e Agilulfo (VI secolo), Rotari e Grimoaldo (VII secolo), Liutprando, Astolfo e Desiderio (VIII secolo, i duchi vennero costretti a cedere la metà dei beni fiscali di ciascun ducato; tali risorse andarono a confluire in un vasto patrimonio cui attingere per esercitare un forte potere centrale.
Infatti, i sovrani Longobardi, utilizzavano degli emissari, i gastaldi, che dovevano amministrare le terre precedentemente gestite dai duchi.
Grazie alle nozze con Teodolinda, figlia del duca di Baviera, Autari creò un sistema di alleanze con le altre popolazioni germaniche. Inoltre, dato che la regina era di fede cattolica, a differenza dei Longobardi che seguivano l’eresia detta arianesimo, si verificò un’apertura nei confronti dei Romani, alcuni esponenti dei quali furono addirittura ammessi a fare parte del consiglio di corte.
A seguito della morte in circostanze misteriose di Autari, la regina Teodolinda sposò in seconde nozze il Duca di Torino, Agilulfo. Quest’ultimo, sia all’influenza della consorte, sia a quella di Papa Gregorio Magno, si convertì al cattolicesimo.
Il suo successore, Ariperto, sconfessò definitivamente l’arianesimo e divenne solennemente seguace della Chiesa di Roma, obbligando l’intera stirpe dei Longobardi a fare lo stesso.
Ciò segnò la fine della separazione tra Longobardi, nelle vesti di conquistatori, e i Romani, fino a quel momento tenuti in scarsa considerazione a causa delle profonde differenze religiose, culturali, civili e linguistiche.
L’apice della potenza politica longobarda si ebbe circa mezzo secolo più tardi, sotto il regno di Liutprando (712 – 744), che incrementò i possedimenti del regno, arrivando fino alle porte di Roma e sottomettendo i ducati ancora indipendenti dell’Italia centro-meridionale.
Inoltre, in coincidenza con la fase di espansione territoriale ai danni dei territori bizantini, di Spoleto e di Benevento, Liutprando, in segno di distensione con il papato, riconobbe alla Chiesa il possesso del territorio di Sutri nel viterbese, celebre gesto passato alla storia come la Donazione di Sutri.
La potenza militare dei Longobardi incrementò ancora grazie ai patti stretti con i Franchi e gli Avari, cosa che rese possibile al nuovo sovrano, Astolfo, conquistare la città di Ravenna, nel 750.
Tale azione però ruppe i delicati equilibri politici della penisola.
Infatti, Papa Stefano II chiese l’aiuto a Pipino il Breve, re dei Franchi, che tra il 754 e il 756 discese in Italia, ricacciando i Longobardi entro i loro precedenti confini.
Sotto il regno di Desiderio, il popolo longobardo subì la sconfitta definitiva nel 774 ad opera di colui che sarebbe passato alla storia come Carlo Magno. Questi inglobò tutti i ducati nell’Impero carolingio e imprigionò il sovrano avversario fino alla sua morte presso il Monastero di Corbie. Adelchi, figlio di Desiderio, cercò di opporsi e di guidare la resistenza da Verona, ma dovette desistere e cercare rifugio e protezione a Bisanzio.
Di tutto il regno longobardo, rimase solo il Ducato di Benevento, elevato dai Franchi al rango di Principato, che conservò la propria autonomia fino alla conquista normanna nel 1076.
Gran parte del successo carolingio dipese dalla debole opposizione dei Longobardi: molti duchi, infatti, invece di sostenere il proprio re preferirono accordarsi con Carlo Magno.
Ciò è un chiaro segno delle difficoltà costanti, da parte della corona longobarda, di gestire e imporre un progetto politico unitario e di controllare le velleità di autonomia dell’aristocrazia.

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