PAOLO DIACONO

Paolo di Vernefrido, nacque a Cividale del Friuli nel 720 o 724 e morì presso il Monastero di Montecassino nel 799.
La storia lo tramanda come Paolo Diacono, perché prima fu mandato a studiare dalla sua nobile famiglia di origine a Pavia, presso la scuola del Monastero di San Pietro in Ciel d’Oro e, in seguito, divenne monaco.
Tuttavia, sarebbe riduttivo considerare questa figura così importante per i Longobardi solo come un ecclesiastico. Infatti, Paolo Diacono fu anche precettore, storico, scrittore e poeta attivo già alla corte di re Ratchis.
Grazie alla stima e alla fiducia che nutriva nei suoi confronti la corte regale, ben presto divenne precettore di Adelperga, figlia di re Desiderio. Quando questa andò in sposa al dica Arechi II di Benevento, Paolo Diacono la seguì fino alla fine del regno longobardo.
Quando ciò avvenne, egli fu accolto presso la corte dei Franchi come stimato maestro di grammatica.
Nel corso della sua vita, Paolo Diacono scrisse alcune opere di tipo storico, come l’Historia romana e le Gesta episcoporum Mettensium,anche se il suo nome rimane indissolubilmente associato
all’Historia Langobardorum.
Composta tra il 786 e il 787 presso il Monastero di Montecassino, dove Paolo Diacono si era ritirato, l’opera è composta da sei libri in cui vengono narrate le gesta e la storia del popolo longobardo, dalle origini fino all’arrivo in Italia.
L’Historia Langobardorum, in realtà, non riscostruisce in modo rigoroso le vicende, ma le racconta secondo una mescolanza di mito e storia, per fermarsi poco prima della disfatta del regno di Desiderio e la sconfitta irreversibile subita per mano dei franchi.
E’ possibile suddividere la narrazione di Paolo Diacono in due fasi: nella prima vengono descritte le vicende del popolo longobardo prima dell’arrivo in Italia, nella seconda le imprese di tanti personaggi celebri e la fusione con i luoghi e le genti del posto.
Il manoscritto originale è andato perduto; tuttavia, esistono ancora 115 copie dell’opera, di cui una, nota come Codice Cividalese (Cod. XVIII), è ancora oggi conservato presso il Museo Archeologico Nazionale di Cividale del Friuli.

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