ATTIVITA’ PRODUTTIVE E DI APPROVIGIONAMENTO

Dalla disamina dell’Editto di Rotari, la prima raccolta di leggi scritte dei Longobardi volute dal sovrano omonimo nel 643, è possibile apprendere le informazioni fondamentali riguardanti l’economia e l’organizzazione del lavoro.
La società longobarda era basata sull’agricoltura e sulla proprietà privata, da cui se ne deduce che la ricchezza era rappresentata in primo luogo dal possesso della terra, quindi dei servi e del bestiame.
Grazie alla grande varietà del paesaggio altomedievale, costituito da boschi, campi, prati, orti, paludi e pascoli, la popolazione poteva disporre di tutti i mezzi da cui trarre sostentamento. Infatti, oltre all’attività di coltivazione della terreno, sono fondamentali anche la caccia nelle foreste, per l’integrazione del fabbisogno di carne, e la raccolta di frutti selvatici, miele e ghiande o di legna da ardere per scaldare la casa e cuocere gli alimenti.
Coloro che venivano considerati semplicemente dei contadini, in realtà erano, al tempo stesso, coltivatori, cacciatori, pescatori, allevatori e raccoglitori di prodotti spontanei.
Il paesaggio viene distinto tra cultum e incultum, cioè tra terreno coltivato o coltivabile e quello incolto.
E’ in base a questa distinzione che deriva anche l’alimentazione dei Longonardi.
Bisogna notare che alcune norme dell’Editto di Rotari riguardano lo sfruttamento di queste risorse condivise, come gli alveari nei boschi o la tipologia e la quantità di prede da cacciare.Se ne deduce che il rapporto con l’ambiente circostante è strettissimo per i Longobardi, perché basano la loro economia e la loro sopravvivenza su di esso.
Ulteriore riprova di questo legame è il fatto che nelle formule giuridiche di appartenenza che normano l’uso della terra in comune e delle foreste non riportano particolari vincoli specifici per gli ordini gerarchici inferiori.

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