PIATTI DI CARNE

Nel capitolo dedicato alle carni del De observatione ciborum di Antimo, vengono elencati i modi principali, nonché considerati i più salutari, di cuocere e consumarle.
In particolare, per quanti riguarda le carni vaccine, il medico raccomanda di cuocerle sul vapore o di rosolarle bene, oppure di farle cuocere nel brodo.
La carne doveva prima di tutto essere lavata e cotta in acqua semplice e fresca, senza aggiungervi nulla. Solamente in un secondo tempo, quando la carne era già ben cotta, si procedeva ad aggiungere dell’aceto di gusto molto forte in abbondanza, teste di porri, mentuccia tritata e altre erbe dalle proprietà curative e antisettiche, radici di sedano e di finocchio.
A questo punto, la carne doveva rimanere a cuocere per un’altra ora, quindi si aggiungeva del miele in quantità pari alla metà del peso dell’aceto versato in precedenza, per mitigare il sapore, e si lasciava sul fuoco lento, agitando spesso la pentola con le mani in modo che il brodo si mescolasse bene con la carne. Il tocco finale era costituito dall’aggiunta di 50 grani di pepe nero pestati nel mortaio e ridotti in polvere.
Naturalmente, anche la grande selvaggina non poteva mancare sulle tavole nell’alto medio evo: la preferenza era data alla carne di cervo, che poteva essere lessata o cotta al vapore, anche se non era un piatto da poter consumare di frequente. Ciò è dovuto al fatto che, se l’animale abbattuto era giovane, si prestava ad essere arrostito, mentre gli esemplari d’età più grande erano anche più indigesti e potevano creare problemi di digestione.
Per quanto riguarda i volatili, le preferenze dei palati longobardi andavano ai fagiani, che dovevano essere rigorosamente ben pasciuti, e alle oche ingrassate a dovere, anche se Antimo non si dimentica di puntualizzare che era da preferirsi gli esemplari con le carni più bianche.
Curiosamente, si fa cenno anche alle gru, il cui consumo era consigliato solo in modo saltuario, perché si riteneva che le loro carni scure, nere, potessero sì soddisfare un capriccio del palato, ma che si sarebbe poi dovuto scontare con la produzione da parte dell’organismo umano di un “umore melanconico”.

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