SCRITTURE INCOLTE

Scritture in-colte: testimonianze di mezzi e strumenti per la comunicazione

Questa esposizione nasce dalla collaborazione tra il Museo Diocesano, la Biblioteca Capitolare di proprietà del Capitolo Metropolitano ‘Santa Maria Assunta’ e l’Assessorato alla Cultura del Comune di Benevento ed ha il fine di affrontare il tema della comunicazione all’interno della Chiesa beneventana tra il VII e il XIV secolo.

A seguito delle migrazioni delle genti germaniche e della dissoluzione dell’Impero Romano d’Occidente, anche il precedente sistema scolastico scomparve nei nuovi regni romano-barbarici.
Ciò determinò una crescita vertiginosa degli analfabeti, la perdita dell’uso della lingua latina e il confinamento della pratica della lettura e scrittura negli scriptoria all’interno dei monasteri e delle istituzioni ecclesiastiche.

Per ovviare all’indecifrabilità per i molti della parola scritta, si introdusse lo strumento delle immagini, sia di significato simbolico che figurale.
Scrittura, simbolo e immagine divennero allora strumenti per la divulgazione del messaggio evangelico.

In questa esposizione, si è scelto di illustrare tali modalità di comunicazione attraverso i codici in scrittura beneventana, le riproduzioni fotografiche delle formelle della porta della cattedrale di Benevento, una lamina dorata che ricopre una capsella-reliquiario, una cassetta in lamina di rame e, infine, un fac-simile di un rotolo di Exultet, la lode pasquale al Signore.

E’ logico pensare a coloro che assistevano alle funzioni religiose in latino risultassero incomprensibili, tuttavia i religiosi beneventani potevano farsi capire attraverso un rotolo istoriato che veniva mostrato e contemporaneamente accompagnato dal canto.
Ecco allora che a parola di Dio si faceva immagine e suono, quindi, percepibile come potente e reale.
Del resto, i Longobardi, come quelli del Ducato di Benevento, erano un popolo di barbari nomadi che avevano un immaginario collettivo fatto di selve buie, fiumi con i pesci guizzanti, mari in tempesta con i loro gorghi e cieli in tempesta squarciati da fulmini.
Al contrario, le parole che si facevano canto evocavano paesaggi, eventi e uomini: erano visioni pronte a loro volta a trasformarsi in sculture, disegni e bassorilievi.

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